venerdì 16 maggio 2008

LA CONTENZIONE FISICA


La contenzione fisica è praticata in numerosi "setting" della mediicna: molti pazienti sono contenuti nei reparti di medicina, neurologia, ortopedia, PS ed altri per evitare di compiere movimenti che possano recare loro danni nell'intento di salvaguardare l'incolumità del soggetto. Sono definiti mezzi di contenzione fisici e meccanici i dispositivi applicati al corpo, o nello spazio circostante la persona, per limitarne la libertà dei movimenti volontari.
Rientrano in questa categoria:
Corpetti con bretelle e cinture,
Bracciali o fettucce per polsi e caviglie,
Cintole pelviche,
Cinture di sicurezza per il letto,
Spondine complete per letto.
Non sono considerati mezzi di contenzione:
Bracciali che impediscono la flessione del braccio,
Spondine che proteggono metà letto.
Le giustificazioni cliniche per l'utilizzo di questi presidi sono pochissime, ma necessarie.
E' un intervento molto pesante sul piano psicologico per il paziente, per gli altri pazienti, per i familiari e per noi operatori che nostro malgrado ci troviamo costretti ad attuare poiché operiamo per il bene della persona.
ASPETTI GIURIDICI DELLA CONTENZIONE
Il principale riferimento di legge specifico sulla contenzione rimane l’art. 60 del R.D. n° 615 del 1909: “Nei manicomi debbono essere aboliti o ridotti ai casi assolutamente eccezionali i mezzi di coercizione degli infermi e non possono essere usati se non con l’autorizzazione scritta del
direttore o di un medico dell’Istituto.
Tale autorizzazionedeve indicare la natura del mezzo di coercizione (...)”.
Tuttavia, riferimenti giuridici di portata più generale, e riguardanti l’insieme dei trattamenti sanitari, sono contenuti nell’articolo 32 della Costituzione, che recita:
“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un
determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
La contenzione fisica della persona assistita, che si configura come atto coercitivo e quindi in contrasto con la libertà della persona, è ammessa solo nei casi nei quali essa possa configurarsi come provvedimento di vigilanza,di custodia, di prevenzione o di cura, quindi solamente
allo scopo di tutelare la vita o la salute della persona a fronte di una condizione di incapacità di intendere e di volere che renda di fatto inattendibile ogni scelta o manifestazione di volontà del soggetto.
Il Codice Penale, infatti, prevede situazioni nelle quali la contenzione è giustificata (art. 51 c.p., ‘Esercizio di un diritto o adempimentodi un dovere’; art. 54 c.p., ‘Stato di necessità’) o è dovuta,
(art. 589 c.p., ‘Omicidio colposo’; art. 590 c.p., ‘Lesioni personali colpose’; art. 591 c.p., ‘Abbandono di persone, minori o incapaci’).
Qualora la contenzione fosse ingiustificata perché sostenuta da motivazioni di carattere disciplinare o per sopperire a carenze organizzative o, ancora, per convenienza del personale sanitario, si possono configurare i reati di sequestro di persona (art. 605 c.p.), violenza pri -
vata (art. 610) e maltrattamenti (art. 572).
Qualora, per l’uso dei mezzi di contenzione, si verificassero danni alla persona (lesioni traumatiche, asfissia, patologie funzionali ed organiche...), si potrebbero configurare
altre ipotesi di reato, per responsabilità colposa (art. 589 c.p., ‘Omicidio colposo’e 590 c.p., ‘Lesioni personali colpose’) o per violazione dell’art. 586 c.p. (‘Morte o lesioni come conseguenza di altro delitto).
ASPETTI DEONTOLOGICI ED ETICI DELLA CONTENZIONE
In ambito professionale, si possono ritrovare specifiche indicazioni di natura deontologica relative alla contenzione, a cominciare da quanto previsto dal nuovo Codice deontologico degli infermieri, promulgato nel maggio 1999. L’art. 4.11 recita, infatti: “L’infermiere si adopera affinché il ricorso
alla contenzione fisica e farmacologica sia evento straordinario e motivato, e non metodica abituale di accudimento.
Considera la contenzione una scelta condivisibile quando vi si configuri l’interesse della persona e inaccettabile quando sia una implicita risposta alle necessità istituzionali”.
Dunque, per non incorrere nei reati di cui al precedente paragrafo e per adempiere allo spirito ed alla sostanza del dettato deontologico che la stessa professione si è dato, l’adozione di un trattamento che contempli una pratica di contenzione deve essere correttamente motivata e documentata. A tale scopo e, dunque, nell’ottica di limitare il più possibile il ricorso ai mezzi di contenzione, sono state elaborate alcune linee guida di cui il professionista infermiere può avvalersi per l’assistenza.
Ad esempio, negli USA, la prestigiosa Joint Commission on Accreditation of H e a l t h c a re Org a n i z a t i o n s ha introdotto nel 1996 nuovi standards relativi alla contenzione, applicabili in numerosi settori di cura della salute.

Tratto da documento originale redatto da Nadia Poli Inf. AFD, Uff. Formazione, Az. Osp. ‘Istituti Ospitalieri’di Cremona Anna M.L. Rossetti
IID, Serv. Infermieristico, IRCCS San Raffaele di Milano