venerdì 16 maggio 2008

LESIONI DA COMPRESSIONE

Trattamento delle lesioni da decubito
STADIO 1:
Eritema stabile della pelle (non lacerata) non reversibile alla digitopressione; il segnale preannuncia l'ulcerazione della pelle. Trattamento :
1) Posizionare materassino ad aria del tipo dinamico (codice iso 03.33.06.018 materasso ad aria con camera a gonfiaggio alternato, con compressore)
2) Anche in caso di positività alla scala di Norton, se non si presenta alcuna lesione posizionare materassino antidecubito del tipo dinamico.
3) Se il paziente presenta incontinenza alle urine, posizionare nell'uomo, (catetere esterno in MATERIALE ANTI ALLERGICO auto adesivo, previo tricotomia, del tipo Guaina autoadesiva cod iso 09.24.09.003 da scegliere il giusto diametro), se il paziente non riesce a mantenere in sede il catetere esterno, passare al catetere a permanenza, a silicone (codice iso 09.24.03.033 con busta sterile), nella donna, (catetere a permanenza a circuito chiuso, con busta sterile antireflusso) queste 2 manovre devono essere effettuate anche nelle lesioni di secondo, terzo, quarto grado Medicazione del tipo avanzato, in lesione di primo stadio. Osservare n1 è n2, n3
4) Irrigare la lesione con fisiologica
5) tamponare con garze sterili in T.N.T.
6) posizionare idrocolloide dimensione ideali. da rimuovere ogni 3\4 giorni, in base alla permanenza
STADIO 2:
Ferita a spessore parziale che coinvolge l'epidermide e/o il derma. L'ulcera è superficiale e si preannuncia clinicamente come un'abrasione, una vescica o una leggera cavità.
Trattamento
1) In caso d'infezione, colonizzazione, contaminazione, detergere con acqua distillata.
2) Tamponare con garze sterili in T.N.T (tessuto non tessuto)
3) Posizionare argento in nanocristalli , (in caso d'utilizzo di medicazione a nanocristalli di argento usare solo acqua distillata), si possono usare antisettici come, clorexidina acetata in garze, OPPURE cadexomero iodico polvere, OPPURE PASTA, oppure acido ialuronico sale sodico 0,2% e sulfadiazina argentica1%, (gli antisettici di ultima generazione che mirano alla regressione dell'infezione sono ottime, da attuali evidenze scientifiche risulta che hanno maggiore effetto degli antibiotici per via generale, velocizzano il processo di regressione dell' infezione,controllando il bilancio batterico della lesione)
4) Chiudere con medicazione secondaria in poliuretano, supporto di cerotto in TNT.
5) Lasciare in sede argento in nano cristalli PER 3\4 GIORNI, RINNOVARE SOLO la medicazione secondaria, INVECE la clorexidina GARZE, cadexomero iodico polvere, acido ialuronico sulfadiazina argentina 1% , rinnovare ogni giorno
6) Interrompere il trattamento dopo la regressione dell'infezione, colonizzazione, contaminazione.
7) In caso d'assenza d'infezione, irrigare con fisiologica. Tamponare con garze sterili in T.N.T Posizionare idrocolloide dimensione ideale, oppure fine strato di sulfadiazina argentica ed acido ialuronico, chiusura con schiuma idrocellulare di poliuretano. Medicazione da rinnovare 1 volta ogni 2\3 giorni. In base alla permanenza in sede.
STADIO 3:
Ferita a tutto spessore che implica danno o necrosi del tessuto sottocutaneo e che si può estendere fino alla fascia sottostante, ma senza attraversarla. L'ulcera si presenta clinicamente come una profonda cavità che può o non può essere sottominata. National Pressure Ulcere Advisor Panel Trattamento
1) Se presenta infezione, colonizzazione, contaminazione trattare come schema sopra.
2) Dopo aver ottenuto la regressione dell'infezione, irrigare con fisiologica.
3) Tamponare con garze sterili in T.N.T
4) Se la lesione presenta tessuto necrotico, oppure fibrina, posizionare idrogel, in lesione molto cavitarie utilizzare anche gel Conformabile in garza,oppure microgranuli di hyaff ed alginato di sodio.
5) Chiudere con medicazione schiuma idrocellulare di poliuretano, questo trattamento deve durare fino a completa regressione del tessuto necrotico, fibrina, prima di iniziarlo deve essere assente ogni principio d'infezione, colonizzazione, contaminazione. medicazione da rinnovare ogni 3\4 giorni. Da valutare gli essudati.
6) Dopo aver ottenuto lo sbrigliamento della lesione (assenza totale di fibrina e tessuto necrotico, infezione, colonizzazione, contaminazione,)
7) Irrigare con fisiologica Se la lesione è molto essudante, cavitarie, oppure sottominata, non si nota infezione, necrosi, fibrina , dopo aver ottenuto un'ottima preparazione del letto della lesione. Può essere trattata:
9) Detergere con fisiologica 10) Posizionare all'interno medicazione cavitarie in poliuretano, oppure Alginato, in caso di lesione resistente a tale trattamento è possibile utilizzare al posto degli alginati , oppure delle schiume di poliuretano cavitarie (che servono solo a mantenere un ambiente umido ideale) delle medicazioni attive che ripristinano i processi di riparazione dei tessuti lesionati modulatori delleproteasi, acido ialuronico, gel piastrinico, cute autologa ingegnerizata,
11) Chiudere con medicazione schiuma idrocellulare di poliuretano. Le medicazioni idrocellulari in schiuma di poliuretano sono ideali nel creare un'eccellente ambiente umido, ad ottimizzare i rinnovi delle medicazioni, favorendo la riparazione tessutale, esistono sotto forma commerciale in svariati formati, adhesive, non adesive, cavitarie, sagomate per il sacro, per il tallone. Rinnovo della medicazione ogni 4\5 giorni IN BASE ALLA PRODUZIONE DI ESSUDATI. In caso di utilizzo di medicazioni attive quali (Modulatori delle proteasi, Fattori di crescita cutanei, medicazione a base di acido Ialuronico, gel piastrinico, ecc.ecc.) Come medicazione secondaria può essere utilizzata la schiuma di poliuretano idrocellulare.
STADIO 4:
Ferita a tutto spessore con estesa distruzione dei tessuti necrosi o danno ai muscoli, ossa o strutture di supporto (es. tendini, capsula articolare, ecc). National Pressure Ulcere Advisor Panel Trattamento In caso d'infezione, contaminazione, colonizzazione, eseguire trattamento come sopra.
1) In caso di presenza di necrosi, fibrina eseguire trattamento come sopra.
2) Dopo aver ottenuto regressione dell'infezione, della fibrina, necrosi.
3) Irrigare con fisiologica
4) Se la lesione non è molto essudante, non si nota infezione, necrosi, fibrina , dopo aver ottenuto un'ottima preparazione del letto della lesione.
5) Detergere con fisiologica
6) Tamponare con garza sterile
7) Posizionare all'interno schiuma idrocellulare in poliuretano cavitaria, oppure Alginato in caso di lesione resistente a tale trattamento è possibile utilizzare al posto degli alginati , oppure delle schiume di poliuretano cavitarie (che servono solo a mantenere un ambiente umido ideale) delle medicazioni attive che ripristinano i processi di riparazione dei tessuti lesionati modulatori delleproteasi, acido ialuronico, gel piastrinico, cute autologa ingegnerizata, Chiudere con medicazione schiuma idrocellulare di poliuretano. Le medicazioni idrocellulare di poliuretano esistono in forma plus(per lesioni molto essudanti), in versione cavity per lesioni cavitarie, l'associazione, cioè posizionare all'interno della lesione cavitarie poliuretano idrocellulare cavity, chiudere con poliuretano idrocellulare plus, garantisce eccellente permanenza in sede della medicazione per molti giorni, favorendo un' ideale ambiente umido, atto alla riparazione dei tessuti. In caso di utilizzo di medicazioni attive al contatto della lesione come, Modulatori delle proteasi, Fattori di crescita cutanei, medicazione a base di acido Ialuronico, Pappe piastriniche, ecc.ecc Come medicazione secondaria può essere utilizzata la schiuma idrocellulare in poliuretano. Rinnovare la medicazione ogni 4\5 giorni. Sempre in base alla produzione d'essudati

Testo originale di Simone Gussoni Dottore in Infermieristica tema già trattato dall'infermiere Paolo Pacitto, esperto in cura delle lesioni difficili.
Da non perdere http://www.piagadadecubito.it/ interessante sito su questo argomento.

LA CONTENZIONE FISICA


La contenzione fisica è praticata in numerosi "setting" della mediicna: molti pazienti sono contenuti nei reparti di medicina, neurologia, ortopedia, PS ed altri per evitare di compiere movimenti che possano recare loro danni nell'intento di salvaguardare l'incolumità del soggetto. Sono definiti mezzi di contenzione fisici e meccanici i dispositivi applicati al corpo, o nello spazio circostante la persona, per limitarne la libertà dei movimenti volontari.
Rientrano in questa categoria:
Corpetti con bretelle e cinture,
Bracciali o fettucce per polsi e caviglie,
Cintole pelviche,
Cinture di sicurezza per il letto,
Spondine complete per letto.
Non sono considerati mezzi di contenzione:
Bracciali che impediscono la flessione del braccio,
Spondine che proteggono metà letto.
Le giustificazioni cliniche per l'utilizzo di questi presidi sono pochissime, ma necessarie.
E' un intervento molto pesante sul piano psicologico per il paziente, per gli altri pazienti, per i familiari e per noi operatori che nostro malgrado ci troviamo costretti ad attuare poiché operiamo per il bene della persona.
ASPETTI GIURIDICI DELLA CONTENZIONE
Il principale riferimento di legge specifico sulla contenzione rimane l’art. 60 del R.D. n° 615 del 1909: “Nei manicomi debbono essere aboliti o ridotti ai casi assolutamente eccezionali i mezzi di coercizione degli infermi e non possono essere usati se non con l’autorizzazione scritta del
direttore o di un medico dell’Istituto.
Tale autorizzazionedeve indicare la natura del mezzo di coercizione (...)”.
Tuttavia, riferimenti giuridici di portata più generale, e riguardanti l’insieme dei trattamenti sanitari, sono contenuti nell’articolo 32 della Costituzione, che recita:
“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un
determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
La contenzione fisica della persona assistita, che si configura come atto coercitivo e quindi in contrasto con la libertà della persona, è ammessa solo nei casi nei quali essa possa configurarsi come provvedimento di vigilanza,di custodia, di prevenzione o di cura, quindi solamente
allo scopo di tutelare la vita o la salute della persona a fronte di una condizione di incapacità di intendere e di volere che renda di fatto inattendibile ogni scelta o manifestazione di volontà del soggetto.
Il Codice Penale, infatti, prevede situazioni nelle quali la contenzione è giustificata (art. 51 c.p., ‘Esercizio di un diritto o adempimentodi un dovere’; art. 54 c.p., ‘Stato di necessità’) o è dovuta,
(art. 589 c.p., ‘Omicidio colposo’; art. 590 c.p., ‘Lesioni personali colpose’; art. 591 c.p., ‘Abbandono di persone, minori o incapaci’).
Qualora la contenzione fosse ingiustificata perché sostenuta da motivazioni di carattere disciplinare o per sopperire a carenze organizzative o, ancora, per convenienza del personale sanitario, si possono configurare i reati di sequestro di persona (art. 605 c.p.), violenza pri -
vata (art. 610) e maltrattamenti (art. 572).
Qualora, per l’uso dei mezzi di contenzione, si verificassero danni alla persona (lesioni traumatiche, asfissia, patologie funzionali ed organiche...), si potrebbero configurare
altre ipotesi di reato, per responsabilità colposa (art. 589 c.p., ‘Omicidio colposo’e 590 c.p., ‘Lesioni personali colpose’) o per violazione dell’art. 586 c.p. (‘Morte o lesioni come conseguenza di altro delitto).
ASPETTI DEONTOLOGICI ED ETICI DELLA CONTENZIONE
In ambito professionale, si possono ritrovare specifiche indicazioni di natura deontologica relative alla contenzione, a cominciare da quanto previsto dal nuovo Codice deontologico degli infermieri, promulgato nel maggio 1999. L’art. 4.11 recita, infatti: “L’infermiere si adopera affinché il ricorso
alla contenzione fisica e farmacologica sia evento straordinario e motivato, e non metodica abituale di accudimento.
Considera la contenzione una scelta condivisibile quando vi si configuri l’interesse della persona e inaccettabile quando sia una implicita risposta alle necessità istituzionali”.
Dunque, per non incorrere nei reati di cui al precedente paragrafo e per adempiere allo spirito ed alla sostanza del dettato deontologico che la stessa professione si è dato, l’adozione di un trattamento che contempli una pratica di contenzione deve essere correttamente motivata e documentata. A tale scopo e, dunque, nell’ottica di limitare il più possibile il ricorso ai mezzi di contenzione, sono state elaborate alcune linee guida di cui il professionista infermiere può avvalersi per l’assistenza.
Ad esempio, negli USA, la prestigiosa Joint Commission on Accreditation of H e a l t h c a re Org a n i z a t i o n s ha introdotto nel 1996 nuovi standards relativi alla contenzione, applicabili in numerosi settori di cura della salute.

Tratto da documento originale redatto da Nadia Poli Inf. AFD, Uff. Formazione, Az. Osp. ‘Istituti Ospitalieri’di Cremona Anna M.L. Rossetti
IID, Serv. Infermieristico, IRCCS San Raffaele di Milano

DIAGNOSI INFERMIERISTICHE?


La diagnosi infermieristica ?
Ma che cosa vuol dire DIAGNOSI? Dalla consultazione del dizionario sono emerse queste definizioni.
1) “definizione di una malattia attraverso l’anamnesi, i segni e i sintomi, gli esami di laboratorio e quelli strumentali…”
2) “esame critico dei sintomi per individuare malattie…”
Ancora altre definizioni:
3) “valutazione di un fenomeno, dopo aver considerato ogni aspetto…”
4) “analisi dello stato di funzionamento di un sistema con individuazione degli eventuali problemi…”
Per definizione, la diagnosi è l’accurato studio critico di qualcosa allo scopo di determinarne la natura. Dall’analisi della letteratura emergono almeno quattro definizioni:
· Una funzione infermieristica indipendente; una valutazione delle risposte personali del cliente alle sue esperienze umane attraverso il cicli dell’esistenza, siano esse crisi di sviluppo o accidentali, malattie, avversità o altri stress (Bircher, 1975)
· Problemi di salute attuali o potenziali che gli infermieri, in virtù delle loro preparazione ed esperienza, sono capaci di trattare ed abilitati a farlo (Gordon, 1982)
· Un giudizio clinico riguardante una persona, una famiglia o una comunità al quali si giunge mediante un processo deliberato e sistematico di raccolta ed analisi dei dati. Esso costituisce la base per la prescrizione di trattamenti risolutivi di cui l’infermiere è responsabile.
· Un’affermazione che descrive una risposta umana di una persona o di un gruppo, che l’infermiere è abilitato a riconoscere e per la quale può prescrivere interventi risolutivi che mirano a mantenere lo stato di salute o a ridurre, eliminare o prevenire le alterazioni (Carpenito, 1988).
Nel marzo del 1990, nel corso della nona conferenza della North American Nursing Diagnosis Association (NANDA), l’assemblea generale ha approvato una definizione ufficiale della diagnosi infermieristica: La Diagnosi Infermieristica è un giudizio clinico riguardante le risposte delle persona, della famiglia o della comunità a problemi di salute/processi vitali attuali o potenziali.
La Diagnosi Infermieristica costituisce la base sulla quale scegliere gli interventi infermieristici volti a raggiungere dei risultati di cui l’infermiere è responsabile.
La diagnosi infermieristica è un’affermazione che descrive uno specifico tipo di problema o di risposta identificato dall’infermiere. Essa non va usata per designare tutti i problemi che l’infermiere può riconoscere, perché questo non metterebbe in risalto l’unicità del ruolo infermieristico: occorre quindi distinguerla dal problema collaborativo. La diagnosi infermieristica esprime il giudizio professionale sulle condizioni del paziente, sulle sue risposte ai trattamenti ricevuti e sulle necessità di assistenza infermieristica. E’ tappa fondamentale per procedere al piano di assistenza…muove, in sostanza, tutto il processo assistenziale. Tutto ciò che abbiamo raccolto dall’osservazione, dal colloquio, dall’esame fisico, dalla visione della documentazione clinica, deve essere organizzato ed interpretato per identificare la capacità del paziente di far fronte ai bisogni di salute. Identificare i bisogni che il paziente esprime nel tentativo di adattarsi agli effetti della malattia vuol dire “considerare” quale tipo di assistenza è necessaria per accrescere e sviluppare il più possibile le sue abilità per superare lo stato negativo della malattia.
Fare diagnosi infermieristica vuol dire descrivere le risposte, i segni, i sintomi che indicano un effettivo o potenziale (rischio) problema di salute e identificare le cure più appropriate per risolverlo. La formulazione della diagnosi infermieristica è il logico ampliamento della raccolta dati relativi all’accertamento. Durante l’accertamento avete posto ogni domanda relativa all’anamnesi, svolto ogni esame tecnico riguardante le condizioni fisiche, preso in considerazione ogni risultato dei test di laboratorio ed effettuato un’osservazione attenta e perspicace sulle condizioni generali individuali… Attraverso:
· Analisi dei dati
· Interpretazione dei dati raccolti
· Individuazione del problema
· Formulazione degli obiettivi
È possibile diagnosticare il problema o i problemi, reale o di rischio che permettono al professionista infermiere di pianificare l’assistenza infermieristica volta alla risoluzione del problema medesimo. Utile a questo scopo è procedere alla stesura di una lista di problemi da comporre seguendo ad uno ad uno i modelli funzionali di salute proposti dalla Gordon. I problemi devono essere poi ordinati in modo prioritario per poter sviluppare le diagnosi infermieristiche operative per la pianificazione assistenziale.

Tipologia, struttura e sistemi di classificazione delle diagnosi infermieristiche.
Varie sono le tipologie di diagnosi infermieristiche identificate; il NANDA ci propone tre modelli di diagnosi.
· Attuali o reali
· Rischio o rischio elevato
· Benessere
Reali Rappresentano una condizione convalidata clinicamente.
Rischio Consistono nel giudizio clinico secondo il quale una persona, una famiglia o una comunità è vulnerabile nei confronti di un certo problema
Benessere Consistono in un giudizio clinico riguardante una persona, una famiglia o una comunità in transizione da un livello specifico di benessere ad un livello superiore. Riguardano quindi le diagnosi relative alla promozione della salute. Devono in questo caso essere presenti due elementi:
- il desiderio di un maggior livello di benessere
- la presenza di una condizione o funzione efficace, cioè di potenzialità personali e ambientali per migliorare la situazione.
Come scriviamo una diagnosi infermieristica? La struttura della diagnosi infermieristica si compone di quattro elementi utili essenzialmente per l’adozione di un linguaggio infermieristico condiviso.
Per questo motivo useremo una terminologia specifica per diagnosticare in modo infermieristico. Gli elementi componenti sono:
1. Titolo
2. Definizione
3. Caratteristiche definenti
4. Fattori correlati
Il titolo deve “qualificare” la tipologia del problema; esprime quindi se la nostra diagnosi esamina un problema di “inefficacia”, “alterazione” o “deficit” in sostituzione di termini troppo soggettivi come “scarso” o “inappropriato”… La definizione ci permette di esprimere in modo chiaro e preciso il significato della diagnosi, contribuendo così a differenziarle da quelle che le assomigliano. Le caratteristiche definenti sono l’equivalente dei segni e dei sintomi soggettivi ed oggettivi presenti in relazione ad una determinata diagnosi. Si dividono in - maggiori o principali, definite come indicatori critici presenti nell’80-100% dei casi - minori o secondarie definite come indicatori di supporto (forniscono prove di sostegno per le diagnosi, ma possono non essere presenti) presenti nel 50-70% delle situazioni. I fattori correlati sono in pratica le cause, i fattori eziologici che determinano una certa situazione; si possono raggruppare in quattro categorie: - fisiopatologici (biologici o psichici) - situazionali (ambientali, sociali, personali) - fasi maturative (legati all’età) - trattamenti (terapie, interventi) Queste componenti da utilizzarsi per la descrizione di una diagnosi rappresentano il percorso mentale con cui dobbiamo procedere per mettere a fuoco i reali bisogni del nostro utente. L’uso della terminologia caratteristiche definenti e fattori correlati al posto di segni e sintomi e di eziologia è dovuta alla volontà di trovare un linguaggio specifico ma diverso da quello medico. Esempio 1 Titolo: Liberazione inefficace delle vie aeree Correlata a: - secrezione eccessive o dense - immobilità - effetto sedativo dei farmaci - dolore Che si manifesta con: - tosse inefficace o assente - incapacità di espellere efficacemente le secrezioni
Esempio 2 Titolo: Deficit della cura di sé (alimentarsi) Correlata a: - mancanza di coordinamento - dispositivi esterni - affaticamento e dolore - diminuita capacità motoria o visiva e debolezza muscolare - stato comatoso Che si manifesta con: - incapacità di tagliare alimenti o di aprire le confezioni - incapacità di portare il cibo alla bocca Andiamo più nel dettaglio:
Esempio illustrante le componenti di una diagnosi infermieristica reale, in questo caso la diagnosi
Compromissione della mobilità: Definizione Compromissione della mobilità: lo stato nel quale una persona ha, o rischia di avere, una limitazione del movimento, senza tuttavia essere immobile. Caratteristiche definenti Maggiori (80-100%) Compromissione dell’abilità di muoversi con uno scopo nell’ambiente, ad esempio mobilità nel letto, trasferimenti, deambulazione Limitazioni dell’escursione articolare Minori (50-70%) Restrizione imposta dal movimento Riluttanza a muoversi Fattori correlati Fisiopatologici, cioè correlati a riduzione della forza e della resistenza per : Ø alterazioni neuromuscolari (paralisi, deficit sensoriali, malattie del sistema nervoso) Ø alterazioni muscolo scheletriche (fratture) Ø edema (aumento del liquido sinoviale) Trattamenti, correlato ad apparecchiature esterne (gesso, infusione endovenosa), protesi, stampelle, deambulatore Situazionali Correlati ad: Ø affaticamento Ø motivazione Ø dolore Fasi maturative Ø bambino Ø anziano Per la descrizione delle diagnosi di rischio o di rischio elevato i fattori correlati coincidono con i fattori di rischio, cioè la situazione che accentua la vulnerabilità della persona o del gruppo. Nel titolo deve comparire sempre il termine “Rischio di…”
Esempio1 Titolo: Rischio elevato di compromissione dell’integrità cutanea Correlato a: Immobilità Secondario a: Dolore Esempio 2 Titolo: Rischio elevato di infezione Correlato a: Incisione chirurgica Difficoltà di cicatrizzazione Secondario a: Diabete mellito A proposito delle diagnosi di benessere, ricordiamo che queste diagnosi sono legate alla promozione della salute per cui parleremo di condizioni di attuale benessere che mira ad uno stato di ulteriore accrescimento. Sono situazioni in cui l’individuo in salute stabile cerca di modificare le proprie abitudini al fine di raggiungere un livello di salute più elevato. Problemi collaborativi L’infermiere non opera da solo, spesso la gestione dei problemi di salute degli utenti lo chiama a collaborare in regime di multidisciplinarietà, cioè con altri gruppi professionali. Pertanto, vi sono situazioni cliniche, non descrivibili con diagnosi infermieristiche, ma che richiedono comunque interventi assistenziali di natura infermieristica. L’infermiere, durante la sua raccolta dati, identifica situazioni cliniche che deve affrontare: In veste di operatore prescrittore (autonomo) E in veste di collaboratore con altre professioni (in collaborazione) Dalla prima situazione, in veste autonoma, scaturiscono le Diagnosi infermieristiche, dalla seconda situazione invece si evidenziano quelli che vengono denominati Problemi Collaborativi. Come distinguere le diagnosi infermieristiche dai problemi collaborativi? Sia le diagnosi, sia i problemi collaborativi richiedono la messa in atto del processo infermieristico in tutte le sue fasi, tuttavia l’approccio richiesto all’infermiere è diverso nei due casi. Si parla di problemi collaborativi a proposito di certe complicazioni che gli infermieri controllano per individuarne la comparsa o una modificazione. Gli infermieri gestiscono i problemi collaborativi con interventi di prescrizione medica o infermieristica volti a ridurre al minimo le complicazioni di determinati interventi. Va precisato che si tratta di certe complicazioni poiché non tutte quelle che si possono verificare sono da considerare problemi collaborativi. Se l’infermiere, infatti, è in grado di prevenire la complicazione, o di stabilirne il trattamento principale, allora il problema è una diagnosi infermieristica. L’infermiere può prevenire: Ø Lesioni da compressione Ø Tromboflebite Ø Rischio di caduta accidentale Ø Aspirazione L’infermiere può trattare: Ø Lesioni da compressione Ø Problemi di deglutizione Ø Tosse inefficace L’infermiere non può prevenire: Ø Emorragia I problemi collaborativi rappresentano situazioni delle quali l’infermiere è responsabile perché ne riconosce l’insorgenza e, in misura variabile collabora alla loro gestione. La gestione dei problemi collaborativi ha per oggetto il monitoraggio dell’insorgenza o della modificazione di complicazioni e la risposta ad essi con interventi di prescrizione medica e infermieristica. L’infermiere assume delle decisioni autonome in relazione sia ai problemi collaborativi che alle diagnosi infermieristiche. La differenza è che per quanto riguarda queste ultime, gli compete la prescrizione del trattamento finalizzato a conseguire il risultato atteso; per ciò che concerne il problema collaborativo invece la prescrizione è sia infermieristica che medica. Tutti i problemi collaborativi vengono denominati complicazioni potenziali e l’obiettivo infermieristico è inteso come una riduzione della gravità di certi fattori o eventi. Per concludere, l’infermiere identifica un problema collaborativo quando sussistono certe situazioni che aumentano la vulnerabilità del paziente alle complicazioni, oppure quando ne è già affetto: esempio, il paziente fumatore che manifesta una tosse insistente da tempo. Ø Complicazione potenziale: edema polmonare Ø Complicazione potenziale: sanguinamento gastrointestinale Ø Complicazione potenziale: parto pretermine Nella fase della diagnosi infermieristica, l’infermiere deve formulare anche quali sono gli obiettivi da perseguire per poter così procedere alla fase successiva della pianificazione. Cosa sono gli obiettivi? Sono delle misure che si utilizzano per valutare i progressi dell’utente (risultati) e/o le prestazioni infermieristiche. Devono essere espressi in modo chiaro con termini osservabili, misurabili, reali, comportamentali e temporali. Sono realistici quando si basano sui dati dell’utente. Possono essere a: Ø Breve termine Ø Lungo termine Per breve termine si intendono quegli obiettivi il cui raggiungimento è atteso come evento fondamentale nel percorso e proteso al raggiungimento di un obiettivo a lungo termine. Lungo termine si intende un obiettivo il cui raggiungimento è atteso nell’arco di settimane o mesi. Esempio Smettere di fumare: La risoluzione della tosse in un paziente fumatore è a breve termine, a lungo termine è la prevenzione di patologie a carico dell’apparato respiratorio. Oggi risulta più difficile formulare obiettivi a lungo termine per i pazienti ricoverati in quanto i tempi di degenza sono sempre più ridotti; gli infermieri di corsia spesso si pongono solo obiettivi a breve termine. Gli obiettivi devono inoltre essere concordati con il paziente ogni volta che questo sia possibile; l’adesione dell’utente è indispensabile in quanto il raggiungimento dell’obiettivo finale lo coinvolge in prima persona. L’infermiere può rendere partecipe anche la famiglia e stabilire obiettivi immediati o a lungo termine. Questo perché spesso sono i familiari a continuare il programma infermieristico una volta che il paziente viene dimesso.
Gli obiettivi servono per:
1. La soluzione del problema
2. Evidenziare un progresso verso la soluzione del problema
3. Evidenziare un progresso verso un migliore stato di salute
4. Mantenere buone condizioni di salute e di funzionalità

IL MODELLO BIFOCALE DI L. CARPENITO


Il Modello Bifocale dell’attività clinica viene congegnato da L. Carpenito nel 1983. Secondo la Carpenito, nessuna altra disciplina ha delle basi conoscitive così ampie, come l’infermieristica. Il Modello Bifocale dell’attività clinica permette di identificare le 2 situazioni cliniche nelle quali l’infermiere interviene nella sua pratica professionale:

  1. - diagnosi infermieristica (in veste di prescrittore) Sono giudizi clinici riguardanti le risposte della persona, della famiglia, della comunità a problemi di salute/ processi vitali attuali o potenziali.
  2. - problema collaborativi (in veste di collaboratore con altre professioni) Sono certe complicanze fisiologiche che gli infermieri controllano per rilevarne la comparsa o una modificazione.
Gli infermieri gestiscono i problemi collaborativi con interventi di prescrizione medica o infermieristica volti a ridurre al minimo le complicanze di determinati eventi. Vi sono quindi degli ambiti in cui per erogare assistenza l’infermiere è autonomo rispetto ad altri professionisti, altri in cui le conoscenze dell’infermiere sono inadeguate ad una particolare situazione, e in esse quindi è possibile e doveroso avvalersi della consulenza degli operatori idonei. Secondo L.Carpenito le situazioni nelle quali l’infermiere interviene possono essere raggruppate nelle cinque categorie:
• Fisiopatologiche (per es. IMA, personalità borderline, ustioni)
• Correlate a trattamenti (per es. terapia anticoagulante, dialisi, arteriografia)
• Personali (per es. processo del morire, divorzio, trasferimento)
• Ambientali (per esempio scuola troppo affollata, scale senza corrimano etc)
• Correlate a fasi maturative (per es. pressioni da parte del gruppo dei coetanei, ruolo genitoriale, invecchiamento)
CLASSIFICAZIONE INTERVENTI INFERMIERISTICI:
Interventi prescritti dall’infermiere sono quelli che l’infermiere può legalmente ordinare di mettere in atto al personale infermieristico. Essi trattano, prevengono e monitorizzano le diagnosi infermieristiche.
Gli interventi prescritti dal medico rappresentano il trattamento dei problemi collaborativi che l’infermiere inizia e gestisce.
METAPARADIGMA DELLA TEORIA CLIENTE:
può essere una persona, un gruppo o una comunità
• ha capacità di autoguarigione •è in continuo rapporto con l’ambiente •prende decisioni secondo le proprie priorità
• è un tutto unico in cerca di equilibrio
• ha valore e dignità propri
• è un esperto della propria salute SALUTE
• è uno stato dinamico, in continuo mutamento
• è definita dal cliente
• è l’espressione del livello ottimale di benessere
• il cliente ne ha la responsabilità AMBIENTE rappresenta i fattori esterni, le situazioni e le persone che influenzano o sono influenzati dal cliente comprende l’ambiente fisico e quello ecologico, gli eventi della vita e le modalità del trattamento
ASSISTENZA INFERMIERISTICA
•il cliente vi accede quando ha bisogno di aiuto per migliorare, ripristinare o mantenere la salute o per una morte serena (Henderson, 1960)
•impegna il cliente ad assumersi la responsabilità delle decisioni e delle attività volte all’autoguarigione
•Riduce o elimina i fattori ambientali che possono compromettere o compromettono senz’altro lo svolgimento delle funzioni
CONCETTO DI BISOGNO DI ASSISTENZA
La definizione è deducibile dal metaparadigma: Il bisogno di aiuto per migliorare, ripristinare o mantenere la salute o per una morte serena.

IL PROCESSO ASSISTENZIALE "NURSING"


Il nursing è la disciplina che consente al professionista adeguatamente formato di formulare un giudizio clinico circa i problemi reali o potenziali di salute di competenza infermieristica attraverso l' utilizzo della metodologia scentifica del problem solving.
Il problem-solving presenta una sequenza logica articolata in diverse fasi:
· La raccolta dati
· Il processo diagnostico
· La formulazione diagnosi infermieristica
· La definizione degli obiettivi specifici del paziente
· La pianificazione
· L'individuazione degli interventi infermieristici più idonei
· L'attuazione degli interventi
· La valutazione

Esso possiede le seguenti caratteristiche:
è ordinato e sistematico;
è interdipendente;
offre assistenza individualizzata;
è centrato sul paziente e sui suoi punti di forza;
il suo uso è appropriato in tutto l'arco della vita;
può essere usato in tutti gli ambienti.

Fasi del processo di nursing:
Accertamento: nel processo di nursing l'accertamento è la raccolta sistematica di dati soggettivi e obiettivi, con lo scopo di esprimere un giudizio infermieristico clinico su un paziente. Le informazioni ottenute riguardano i dati anagrafici, le abitudini di vita, i problemi sanitari pregressi, i sintomi soggettivi e i dati obiettivi (temperatura, polso, pressione, pattern respiratorio).La raccolta dei dati avviene solitamente, attraverso la compilazione di apposite schede (che compongono la cartella infermieristica) che, pur avendo alcuni elementi di base comuni come ad esempio la parte anagrafica, possono essere in parte costruite sulla base dell'esperienza e delle esigenze delle singole unità operative.
Diagnosi: diagnosticare le risposte umane a dei problemi di salute reali o potenziali, è la seconda fase del processo. Le diagnosi sono gli atti clinici dell'identificazione dei problemi ma anche la definizione di tali problemi.
Identificazione degli obiettivi: questa è una fase integrale, che porta a considerare i problemi e a usare i punti di forza del paziente nella pianificazione degli interventi.
Pianificazione: questa fase riguarda la preparazione di un piano di assistenza che sovrintende e coordina le attività dell'equipe nell'erogazione dell'assistenza.
Attuazione: questa è la fase attiva del processo di nursing. È l'inizio reale del piano e il riconoscimento delle azioni infermieristiche e delle risposte del paziente a queste azioni.
Valutazione: si riferisce al giudizio: l'infermiere scopre perché il piano di assistenza è stato un successo o un fallimento. L'infermiere valuta le reazioni del paziente agli interventi e giudica se l'obiettivo è stato raggiunto.
Tratto e modificato da wikipedia 17/05/2008

PROFILO PROFESSIONALE DEGLI INFERMIERI Decreto 14 settembre 1994, n. 739


Articolo 1
1 - E' individuata la figura professionale dell'infermiere con il seguente profilo: l'infermiere è
l'operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante e dell'iscrizione
all'albo professionale èresponsabile dell'assistenza generale infermieristica.
2 - L'assistenza infermieristica preventiva, curativa, palliativa e riabilitativa è di natura
tecnica, relazionale, educativa. Le principali funzioni sono la prevenzione delle malattie,
l'assistenza dei malati e dei disabili di tutte le età e l'educazione sanitaria.
3 - L'infermiere:
a) partecipa all'identificazione dei bisogni di salute della persona e della collettività;
b) identifica i bisogni di assistenza infermieristica della persona e della collettività e formula i
relativi obiettivi;
c) pianifica, gestisce e valuta l'intervento assistenziale infermieristico;
d) garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche;
e) agisce sia individualmente sia in collaborazione con gli altri operatori sanitari e sociali;
f) per l'espletamento delle funzioni si avvale, ove necessario, dell'opera del personale di
supporto;
g) svolge la sua attività professionale in strutture sanitarie pubbliche o private, nel territorio e
nell'assistenza domiciliare, in regime di dipendenza o libero-professionale.
4 - L'infermiere contribuisce alla formazione del personale di supporto e concorre
direttamente all'aggiornamento relativo al proprio profilo professionale e alla ricerca.
5 - La formazione infermieristica post-base per la pratica specialistica è intesa a fornire agli
infermieri di assistenza generale delle conoscenze cliniche avanzate e delle capacità che
permettano loro di fornire specifiche prestazioni infermieristiche nelle seguenti aree:
a) sanità pubblica: infermiere di sanità pubblica;
b) pediatria: infermiere pediatrico;
c) salute mentale-psichiatria: infermiere psichiatrico;
d) geriatria: infermiere geriatrico;
e) area critica: infermiere di area critica.
6 - In relazione a motivate esigenze emergenti dal Servizio sanitario nazionale, potranno
essere individuate, con decreto del ministero della Sanità, ulteriori aree richiedenti una
formazione complementare specifica.
7 - Il percorso formativo viene definito con decreto del ministero della Sanità e si conclude
con il rilascio di un attestato di formazione specialistica che costituisce titolo preferenziale per
l'esercizio delle funzioni specifiche nelle diverse aree, dopo il superamento di apposite prove
valutative. La natura preferenziale del titolo è strettamente legata alla sussistenza di obiettive
necessità del servizio e recede in presenza di mutate condizioni di fatto.
Articolo 2
1 - Il diploma universitario di infermiere, conseguito ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del
Dlgs 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, abilita all’esercizio della
professione, previa iscrizione al relativo Albo professionale.
Articolo 3
1 - Con decreto del ministro della Sanità di concerto con il ministro dell'Università e della
Ricerca scientifica e tecnologica sono individuati i diplomi e gli attestati, conseguiti in base al
precedente ordinamento, che sono equipollenti al diploma universitario di cui all'articolo 2 ai
fini dell'esercizio della relativa attività professionale e dell'accesso ai pubblici uffici.

LE LEGGI CHE CI RIGUARDANO


I testi completi delle norme possono essere trovati sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana oppure sul sito del Parlamento Italiano o su quello della Federazione Nazionale dei Collegi IPASVI

Dlcps 13 settembre 1946, n. 233 “Ricostituzione degli Ordini delle professioni sanitarie e per la disciplina dell’esercizio delle professioni stesse”
Dpr 5 aprile 1950, n. 221 “Approvazione del regolamento per l’esecuzione del Dlcps 13 settembre 1946, n. 233, sulla ricostituzione degli Ordini delle professioni sanitarie e per la disciplina dell’esercizio delle professioni stesse”
Legge 29 ottobre 1954, n. 1049“Istituzione dei Collegi delle infermiere professionali, delle Assistenti sanitarie visitatrici e delle Vigilatrici d’infanzia”
Legge 15 novembre 1973, n. 795“Ratifica ed esecuzione dell’Accordo europeo sull’istruzione e formazione delle infermiere, adottato a Strasburgo il 25 ottobre 1967”
Dpr 14 marzo 1974, n. 225“Modifica al Rd 2 maggio 1940, n. 1310, sulle mansioni degli infermieri professionali e infermieri generici” (Abrogato)
Dpr 20 dicembre 1979, n. 761“Stato giuridico del personale delle Unità sanitarie locali”
Legge 18 dicembre 1980, n. 905“Diritto di stabilimento e libera prestazione dei servizi da parte degli infermieri professionali cittadini degli stati membri della Comunità economica europea”
Dm 30 gennaio 1982 “Normativa concorsuale del personale delle Usl in applicazione dell’articolo 12 del Dpr 20 dicembre 1979, n. 761”. Sostituito dal Dpr 27 marzo 2001, n. 220 “Regolamento recante disciplina concorsuale del personale non dirigenziale del Ssn”
Dpr 10 marzo 1982, n. 162“Riordino delle scuole dirette ai fini speciali, delle scuole di specializzazione e dei corsi di perfezionamento”
Legge 19 novembre 1990, n. 341Riforma degli ordinamenti didattici universitari”
Dlgs 30 dicembre 1992, n. 502, poi 517/93“Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (articolo 6)”. Aggiornato con Dlgs 19 giugno 1999, n. 229 “Norme per la razionalizzazione del Ssn, a norma dell’articolo 1 della legge 30 novembre 1998, n. 419”
Dlgs 3 febbraio 1993, n. 29“Razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell’articolo 2 della legge 23 ottobre 1992 n . 421”. Aggiornato con Dlgs 30 marzo 2001, n. 165 “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”
Dm 14 settembre 1994, n. 739
“Regolamento concernente l’individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell’infermiere”
Dm 17 gennaio 1997, n. 69
“Regolamento concernente l’individuazione della figura e relativo profilo dell’assistente sanitario”
Dm 17 gennaio 1997, n. 70“Regolamento concernente l’individuazione della figura e relativo profilo dell’infermiere pediatrico”
CODICE DEONTOLOGICO DELL’INFERMIERE 1999
Approvato dalla Federazione Nazionale dei Collegi degli Infermieri, Assistenti sanitari, Vigilatrici d’infanzia
Legge 26 febbraio 1999, n. 42
“Disposizioni in materia di professioni sanitarie”
Decreto 3 novembre 1999, n. 509“Regolamento recante norme concernenti l’autonomia didattica degli atenei”
Dm 27 luglio 2000“Equipollenza di diplomi e attestati al diploma universitario di infermiere ai fini dell’esercizio professionale e dell’accesso alla formazione post base”
Legge 10 agosto 2000, n. 251 “Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica”
Dm 2 aprile 2001“Determinazione delle classi delle lauree specialistiche universitarie delle professioni sanitarie” Legge 8 gennaio 2002, n. 1“Conversione in legge, con modificazione del decreto-legge 12 novembre 2001, n. 402, recante disposizioni urgenti in materia di Personale sanitario”.

IL CODICE DEONTOLOGICO MAGGIO 1999

IL CODICE DEONTOLOGICO (maggio 1999)

Articolo 1. Premessa
1.1. L'infermiere è l'operatore sanitario che, in possesso del diploma abilitante e dell'iscrizione all'Albo professionale, è responsabile dell'assistenza infermieristica.
1.2. L'assistenza infermieristica è servizio alla persona e alla collettività. Si realizza attraverso interventi specifici, autonomi e complementari, di natura tecnica, relazionale ed educativa.
1.3. La responsabilità dell'infermiere consiste nel curare e prendersi cura della persona, nel rispetto della vita, della salute, della libertà e della dignità dell'individuo.

1.4. Il Codice deontologico guida l'infermiere nello sviluppo della identità professionale e nell'assunzione di un comportamento eticamente responsabile. E’ uno strumento che informa il cittadino sui comportamenti che può attendersi dall'infermiere.
1.5. L'infermiere, con la partecipazione ai propri organismi di rappresentanza, manifesta la appartenenza al gruppo professionale, l'accettazione dei valori contenuti nel Codice deontologico e l'impegno a viverli nel quotidiano.
Articolo 2. Principi etici della professione
2.1. Il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo e dei principi etici della professione è condizione essenziale per l'assunzione della responsabilità delle cure infermieristiche.
2.2. L'infermiere riconosce la salute come bene fondamentale dell'individuo e interesse della collettività e si impegna a tutelarlo con attività di prevenzione, cura e riabilitazione.
2.3. L'infermiere riconosce che tutte le persone hanno diritto ad uguale considerazione e le assiste indipendentemente dall'età, dalla condizione sociale ed economica, dalle cause di malattia.
2.4. L'infermiere agisce tenendo conto dei valori religiosi, ideologici ed etici, nonché della cultura, etnia e sesso dell'individuo.
2.5. Nel caso di conflitti determinati da profonde diversità etiche, l'infermiere si impegna a trovare la soluzione attraverso il dialogo. In presenza di volontà profondamente in contrasto con i principi etici della professione e con la coscienza personale, si avvale del diritto all'obiezione di coscienza.
2.6. Nell'agire professionale, l'infermiere si impegna a non nuocere, orienta la sua azione all'autonomia e al bene dell'assistito, di cui attiva le risorse anche quando questi si trova in condizioni di disabilità o svantaggio.
2.7. L'infermiere contribuisce a rendere eque le scelte allocative, anche attraverso l'uso ottimale delle risorse. In carenza delle stesse, individua le priorità sulla base di criteri condivisi dalla comunità professionale.
Articolo 3. Norme generali
3.1. L'infermiere aggiorna le proprie conoscenze attraverso la formazione permanente, la riflessione critica sull'esperienza e la ricerca, al fine di migliorare la sua competenza.L'infermiere fonda il proprio operato su conoscenze validate e aggiornate, così da garantire alla persona le cure e l'assistenza più efficaci.L'infermiere partecipa alla formazione professionale, promuove ed attiva la ricerca, cura la diffusione dei risultati, al fine di migliorare l'assistenza infermieristica.
3.2. L'infermiere assume responsabilità in base al livello di competenza raggiunto e ricorre, se necessario, all'intervento o alla consulenza di esperti. Riconosce che l'integrazione è la migliore possibilità per far fronte ai problemi dell'assistito; riconosce altresì l'importanza di prestare consulenza, ponendo le proprie conoscenze ed abilità a disposizione della comunità professionale.
3.3. L'infermiere riconosce i limiti delle proprie conoscenze e competenze e declina la responsabilità quando ritenga di non poter agire con sicurezza. Ha il diritto ed il dovere di richiedere formazione e/o supervisione per pratiche nuove o sulle quali non ha esperienza; si astiene dal ricorrere a sperimentazioni prive di guida che possono costituire rischio per la persona.
3.4. L'infermiere si attiva per l'analisi dei dilemmi etici vissuti nell'operatività quotidiana e ricorre, se necessario, alla consulenza professionale e istituzionale, contribuendo così al continuo divenire della riflessione etica.
3.5. L'agire professionale non deve essere condizionato da pressioni o interessi personali provenienti da persone assistite, altri operatori, imprese, associazioni, organismi. In caso di conflitto devono prevalere gli interessi dell’assistito.L'infermiere non può avvalersi di cariche politiche o pubbliche per conseguire vantaggi per sé od altri.L'infermiere può svolgere forme di volontariato con modalità conformi alla normativa vigente: è libero di prestare gratuitamente la sua opera, sempre che questa avvenga occasionalmente.
3.6. L'infermiere, in situazioni di emergenza, è tenuto a prestare soccorso e ad attivarsi tempestivamente per garantire l'assistenza necessaria. In caso di calamità, si mette a disposizione dell'autorità competente.
Articolo 4. Rapporti con la persona assistita
4.1. L'infermiere promuove, attraverso l'educazione, stili di vita sani e la diffusione di una cultura della salute; a tal fine attiva e mantiene la rete di rapporti tra servizi e operatori.
4.2. L'infermiere ascolta, informa, coinvolge la persona e valuta con la stessa i bisogni assistenziali, anche al fine di esplicitare il livello di assistenza garantito e consentire all'assistito di esprimere le proprie scelte.
4.3. L'infermiere, rispettando le indicazioni espresse dall'assistito, ne facilita i rapporti con la comunità e le persone per lui significative, che coinvolge nel piano di cura.
4.4. L'infermiere ha il dovere di essere informato sul progetto diagnostico terapeutico, per le influenze che questo ha sul piano di assistenza e la relazione con la persona.
4.5. L'infermiere, nell'aiutare e sostenere la persona nelle scelte terapeutiche, garantisce le informazioni relative al piano di assistenza ed adegua il livello di comunicazione alla capacità del paziente di comprendere. Si adopera affinché la persona disponga di informazioni globali e non solo cliniche e ne riconosce il diritto alla scelta di non essere informato.
4.6. L'infermiere assicura e tutela la riservatezza delle informazioni relative alla persona. Nella raccolta, nella gestione e nel passaggio di dati, si limita a ciò che è pertinente all'assistenza.
4.7. L'infermiere garantisce la continuità assistenziale anche attraverso l'efficace gestione degli strumenti informativi.
4.8. L'infermiere rispetta il segreto professionale non solo per obbligo giuridico, ma per intima convinzione e come risposta concreta alla fiducia che l'assistito ripone in lui.
4.9. L'infermiere promuove in ogni contesto assistenziale le migliori condizioni possibili di sicurezza psicofisica dell'assistito e dei familiari.
4.10. L'infermiere si adopera affinché il ricorso alla contenzione fisica e farmacologica sia evento straordinario e motivato, e non metodica abituale di accudimento. Considera la contenzione una scelta condivisibile quando vi si configuri l'interesse della persona e inaccettabile quando sia una implicita risposta alle necessità istituzionali.
4.11. L'infermiere si adopera affinché sia presa in considerazione l'opinione del minore rispetto alle scelte terapeutiche, in relazione all'età ed al suo grado di maturità.
4.12. L’infermiere si impegna a promuovere la tutela delle persone in condizioni che ne limitano lo sviluppo o l'espressione di sé, quando la famiglia e il contesto non siano adeguati ai loro bisogni.
4.13. L’infermiere che rilevi maltrattamenti o privazioni a carico della persona, deve mettere in opera tutti i mezzi per proteggerla ed allertare, ove necessario, l'autorità competente.
4.14. L'infermiere si attiva per alleviare i sintomi, in particolare quelli prevenibili. Si impegna a ricorrere all'uso di placebo solo per casi attentamente valutati e su specifica indicazione medica.
4.15. L'infermiere assiste la persona, qualunque sia la sua condizione clinica e fino al termine della vita, riconoscendo l'importanza del conforto ambientale, fisico, psicologico, relazionale, spirituale. L'infermiere tutela il diritto a porre dei limiti ad eccessi diagnostici e terapeutici non coerenti con la concezione di qualità della vita dell'assistito.
4.16. L'infermiere sostiene i familiari dell’assistito, in particolare nel momento della perdita e nella elaborazione del lutto.
4.17. L'infermiere non partecipa a trattamenti finalizzati a provocare la morte dell'assistito, sia che la richiesta provenga dall'interessato, dai familiari o da altri.
4.18. L'infermiere considera la donazione di sangue, tessuti ed organi un'espressione di solidarietà. Si adopera per favorire informazione e sostegno alle persone coinvolte nel donare e nel ricevere.
Articolo 5. Rapporti professionali con colleghi e altri operatori
5.1. L'infermiere collabora con i colleghi e gli altri operatori, di cui riconosce e rispetta lo specifico apporto all'interno dell'équipe.Nell’ambito delle proprie conoscenze, esperienze e ruolo professionale contribuisce allo sviluppo delle competenze assistenziali.
5.2. L'infermiere tutela la dignità propria e dei colleghi, attraverso comportamenti ispirati al rispetto e alla solidarietà. Si adopera affinché la diversità di opinione non ostacoli il progetto di cura.
5.3. L'infermiere ha il dovere di autovalutarsi, e di sottoporre il proprio operato a verifica, anche ai fini dello sviluppo professionale.
5.4. Nell'esercizio autonomo della professione l'infermiere si attiene alle norme di comportamento emanate dai Collegi Ipasvi.
5.5. L'infermiere tutela il decoro del proprio nome e qualifica professionale anche attraverso il rispetto delle norme che regolano la pubblicità sanitaria.
5.6. L'infermiere è tenuto a segnalare al Collegio ogni abuso o comportamento contrario alla deontologia, attuato dai colleghi.
Articolo 6. Rapporti con le istituzioni
6.1. L'infermiere, ai diversi livelli di responsabilità, contribuisce ad orientare le politiche e lo sviluppo del sistema sanitario, al fine di garantire il rispetto dei diritti degli assistiti, l'equo utilizzo delle risorse e la valorizzazione del ruolo professionale.
6.2. L'infermiere compensa le carenze della struttura attraverso un comportamento ispirato alla cooperazione, nell'interesse dei cittadini e dell'istituzione. L'infermiere ha il dovere di opporsi alla compensazione quando vengano a mancare i caratteri della eccezionalità o venga pregiudicato il suo prioritario mandato professionale.
6.3. L'infermiere, ai diversi livelli di responsabilità, di fronte a carenze o disservizi provvede a darne comunicazione e per quanto possibile, a ricreare la situazione più favorevole.
6.4. L'infermiere riferisce a persona competente e all'autorità professionale qualsiasi circostanza che possa pregiudicare l'assistenza infermieristica o la qualità delle cure, con particolare riguardo agli effetti sulla persona.
6.5. L'infermiere ha il diritto e il dovere di segnalare al Collegio le situazioni in cui sussistono circostanze o persistono condizioni che limitano la qualità delle cure o il decoro dell'esercizio professionale.
Articolo 7. Disposizioni finali
7.1. Le norme deontologiche contenute nel presente codice sono vincolanti: la loro inosservanza è punibile con sanzioni da parte del Collegio professionale.
7.2. I Collegi Ipasvi si rendono garanti, nei confronti della persona e della collettività, della qualificazione dei singoli professionisti e della competenza acquisita e mantenuta.

PATTO INFERMIERE CITTADINO


Il Codice deontologico degli infermieri .
Io infermiere mi impegno nei tuoi confronti a:
PRESENTARMI al nostro primo incontro, spiegarti chi sono e cosa posso fare per te.
SAPERE chi sei, riconoscerti, chiamarti per nome e cognome.
FARMI RICONOSCERE attraverso la divisa e il cartellino di riconoscimento.
DARTI RISPOSTE chiare e comprensibili o indirizzarti alle persone e agli organi competenti.
FORNIRTI INFORMAZIONI utili a rendere più agevole il tuo contatto con l'insieme dei servizi sanitari.
GARANTIRTI le migliori condizioni igieniche e ambientali.
FAVORIRTI nel mantenere le tue relazioni sociali e familiari.
RISPETTARE il tuo tempo e le tue abitudini.
AIUTARTI ad affrontare in modo equilibrato e dignitoso la tua giornata supportandoti nei gesti quotidiani di mangiare, lavarsi, muoversi, dormire, quando non sei in grado di farlo da solo.
INDIVIDUARE i tuoi bisogni di assistenza, condividerli con te, proporti le possibili soluzioni, operare insieme per risolvere i problemi.
INSEGNARTI quali sono i comportamenti più adeguati per ottimizzare il tuo stato di salute nel rispetto delle tue scelte e stile di vita.
GARANTIRTI competenza, abilità e umanità nello svolgimento delle tue prestazioni assistenziali. RISPETTARE la tua dignità, le tue insicurezze e garantirti la riservatezza.
ASCOLTARTI con attenzione e disponibilità quando hai bisogno.
STARTI VICINO quando soffri, quando hai paura, quando la medicina e la tecnica non bastano.
PROMUOVERE e partecipare ad iniziative atte a migliorare le risposte assistenziali infermieristiche all'interno dell'organizzazione.
SEGNALARE agli organi e figure competenti le situazioni che ti possono causare danni e disagi.